Marco Baliani è l’autore e il protagonista di Corpo di stato Il delitto Moro: una generazione divisa, in scena giovedì 25 gennaio al Teatro dei Riuniti di Umbertide, la regia dello spettacolo è di Maria Maglietta.
Da anni Marco Baliani conduce un’attenta e rigorosa ricerca sulla narrazione orale, che lo ha portato a creare affascinanti e coinvolgenti spettacoli per un solo attore narratore, dove riesce a ricreare, nello spazio condiviso del racconto, una parentesi di profonda intimità. Si crea così un nuovo e inaspettato modo d’incontro, sull’onda della fascinazione ed emozione suscitata dalla narrazione. Una sensazione di pienezza che rimane anche a spettacolo terminato, quando il racconto prosegue e continua a vivere nei racconti, nelle parole e atmosfere evocate. Dal terrorismo alla mafia, dalla capitale a Cinisi: vengono ricordati per immagini, con un ritmo incalzante, gli ultimi istanti di vita di Aldo Moro e messi a confronto con quelli di Peppino Impastato, due uomini uniti da un tragico destino.
Da anni Marco Baliani conduce un’attenta e rigorosa ricerca sulla narrazione orale, che lo ha portato a creare affascinanti e coinvolgenti spettacoli per un solo attore narratore, dove riesce a ricreare, nello spazio condiviso del racconto, una parentesi di profonda intimità. Si crea così un nuovo e inaspettato modo d’incontro, sull’onda della fascinazione ed emozione suscitata dalla narrazione. Una sensazione di pienezza che rimane anche a spettacolo terminato, quando il racconto prosegue e continua a vivere nei racconti, nelle parole e atmosfere evocate. Dal terrorismo alla mafia, dalla capitale a Cinisi: vengono ricordati per immagini, con un ritmo incalzante, gli ultimi istanti di vita di Aldo Moro e messi a confronto con quelli di Peppino Impastato, due uomini uniti da un tragico destino.
“E’ sempre difficile raccontare qualcosa che ci è tanto vicino, - spiega Baliani - specie se quel qualcosa ha inciso profondamente sulle nostre esistenze e sulle nostre scelte. La materia è ancora così pulsante e non dipanata dalla lontananza che si rischia allora di leggerla col senno di poi, filtrandola e mettendola a distanza di sicurezza. Ho cercato allora di ritornare laggiù in prima persona, ricordandomi di me in quei giorni, trovando nelle mie esperienze di allora quelle “piccole storie” che sole possono tentare di illuminare la Storia più grande. Ho ripercorso momenti dolorosi senza perdere però le atmosfere di quegli anni, gli entusiasmi, i paesaggi metropolitani, le contraddizioni.
Nei 55 giorni della prigionia Moro ho raccontato di una lacerazione, di come il tema della violenza rivoluzionaria abbia dovuto fare i conti con un corpo prigioniero, e come questa immagine sia divenuta via via spartiacque per scelte fino ad allora rimandate, abbia fatto nascere domande e conflitti interiori non più risolvibili con slogan o con pratiche ideologiche. Quando si esce da momenti e tempi in cui la vita è stata pregna di avvenimenti, quando il vivere è sembrato intenso anche nel dramma, dopo, col tempo, ci si sente sempre un po’ stranieri, come reduci, testimoni di eventi troppo densi per essere dipanati. Camus dice: ”Non essere ascoltati: è questo il terribile quando si è vecchi". Il narratore compie sempre questa sfida, straniero nel tempo cerca di vincere con il racconto la vecchiezza che stende sulle cose del mondo un manto spesso di oblio."